Live at the Royal Albert Hall

Recensione di Antonio Costa Barbè
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Trent’anni sono passati da quel 24 settembre 1969 che cambio’ volto alla storia dei Deep Purple, allora appena noti negli USA per una cover di ‘Hush’. Nessuno si rese immediatamente conto della svolta, nemmeno l’organista Jon Lord.

Ventisettenne, agli inizi del ’69 Lord trovo’ nel direttore Malcom Arnold approvazione e aiuto per eseguire alla Royal Albert Hall un suo concerto sinfonico -ancora da ultimare!- a fianco di una orchestra ben poco interessata a commistioni con rumorosi e ‘zazzeruti’ gruppi rock.

E così, mentre gia’ il chitarrista Blackmore pregustava la svolta verso le pregevoli durezze di ‘Deep Purple in Rock”, il gruppo balzava agli onori della cronaca per questo intermerato esperimento elettrico/sinfonico.

La celebrazione di quell’evento oggi suscita interesse ed entusiasmo in critici e pubblico, complice senz’altro il feeling del tempo che scorre, ma anche la bravura del gruppo e degli ospiti intervenuti a festeggiare con i Deep Purple questo Oscar alla carriera: Ronnie James Dio, Steve Morris, Eddie Hardin, Graham Preskett fra gli altri.

L’orchestra diretta da Paul Mann sprizza scintille, padroneggiando la partitura ricostruita per l’occasione dal puntiglioso musicista olandese Marco de Goeij, ed unendosi al gruppo perfino nell’immancabile bis di ‘Smoke on the water’ (in uno dei due cd trova posto il video).

I Deep Purple sono ancora con noi, a parte il fuoriuscito chitarrista Ritchie Blackmore: qualcuno lo rimpiange, ma un ‘koan’ zen sentenzia che lui se fosse rimasto sarebbero stati i Purple a sparire. E’ un koan, un paradosso: percio’ non va risolto.

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