“Ciao, Andrea. Un grazie ed un benvenuto da tutto lo staff di Deep Purple Italia. Che ne diresti di fare quattro chiacchere tra amici?”
E’ iniziata così, in modo molto informale, la nostra bella conversazione con Andrea Braido, uno dei più grandi chitarristi italiani in circolazione, che ha collaborato con artisti come Vasco Rossi e Zucchero.
Andrea Braido: “Mi sembra un ottima idea! ciao a tutti!”
Deep Purple Italia: “E’ ormai nota a tutti la tua vecchia passione per i Deep Purple, con un ‘occhio di riguardo’ per lo storico chitarrista della band Ritchie Blackmore. Una domanda a bruciapelo: perché Ritchie Blackmore? Secondo te possiamo definirlo, alla pari di JimiHendrix, una sorta di innovatore della sei corde?”
Ogni volta che suono la chitarra, c’è sempre un po’ di Blackmore che aleggia nel mio tocco.
Andrea Braido: “Quando ho sentito Machine Head avevo 11 o 12 anni, e avevo appena iniziato a toccare la chitarra. Ascoltando i brani e alcuni assoli come Lazy, Pictures of Home… ho subito pensato e sentito epidermicamente la grandezza di Blackmore e soci! Ricordo che in quel periodo suonavo la batteria, e nelle orecchie avevo Santana, Colosseum, ELP, Chicago e altri, quindi non ero esattamente a digiuno di chitarristi, ma Ritchie mi ha rapito… e per sempre forse!”
“In ogni mio assolo, sia con le mie situazioni ma anche per assurdo con la Pausini, c’è un po’ di Ritchie che alleggia nel mio tocco!”.
“Hendrix, Blackmore e Jeff Beck secondo me sono a pari livello creativo. Il problema di gente del calibro di Beck e Blackmore è che sono delle persone sensibili, e hanno saputo difendersi dalla stupidità degli addetti ai media di ogni genere, pagando in questo modo un prezzo decisamente alto. Non è un caso che si parla sempre di Eric Clapton quando si citano dei chitarristi inglesi, e questo la dice lunga; per quanto riguarda Hendrix, è stato fagocitato dal suo stesso successo”.
“Ritornando a Ritchie Blackmore, rimane ed è uno dei grandi maestri mondiali dello strumento e della musica”.
Deep Purple Italia: “In molti sostengono che se Ritchie, da talento naturale quale è stato ed è tutt’ora, avesse approfondito didatticamente ed armonicamente il suo playing, sicuramente oggi come oggi non avrebbe nulla da invidiare a talenti mostruosi come il suo successore ed attuale chitarista della band, Steve Morse… Le stesse persone accusano Blackmore di essersi fermato a degli schemi statici o poco creativi, e a volte ripetitivi. Che ne pensi?”
Andrea Braido: “Quelli che sostengono questa tesi a mio avviso sono dei presuntuosi… ed anche leggermente ignoranti! Bach si riconosce per una cifra stilistica precisa, Picasso idem, e la stessa cosa vale per Blackmore! Queste persone ignorano che Ritchie Blackmoore ha studiato musica seriamente, ed era uno dei session man più richiesti negli anni Sessanta. A Ritchie bastano pochi secondi, poche note, e subito lo riconosci! Non credo abbia bisogno d’altro”.
Nessuno avrebbe mai potuto sostituire Ritchie nei Deep Purple.
“Del resto anche questi ipotetici talenti mostruosi sono ripetivi se è per questo. Morse è un grande chitarrista, ma i Purple ormai sembrano più la sua band… Ricordo che quando si scriveva ‘lead guitar’ non era per gioco… Blackmore ha scritto il 90% dei riff con cui tutti gli altri Purple vivono ancora oggi, e nei pochi video che ho potuto vedere si capisce perfettamente il ruolo fondamentale da leader di Ritchie nella band, sicuramente alla pari di un Miles Davis o di un Joe Zawinul, e via dicendo”.
Deep Purple Italia: “Il tuo assolo preferito di Blackmore?”
Andrea Braido: “Child in Time da Made in Japan, Mistreated da On Stage, Lay Down Stay Down da Burn, Pictures of Home da Machine Head. Ti bastano?”
Deep Purple Italia: “Sei per la formazione Gillan / Glover oppure Coverdale / Hughes?”
Andrea Braido: “Forse Coverdale / Hughes. Glenn come bassista mi piace di più, e ci sono delle pagine memorabili sia in Burn che in Stormbringer, venate anche di un po’ di soul…”.
Deep Purple Italia: “Veniamo all’attuale formazione dei Deep Purple: cosa ne pensi? C’è chi sostiene che siano un’ottima ‘cover band’ dei Deep Purple…”
Andrea Braido: “Ti rimando alla risposta di sopra… Steve Morse Band! No, dai, non voglio essere troppo cattivo; ma il sound è troppo diverso. Guarda caso i Led Zeppelin senza John Bonham si sono fermati seguendo progetti personali, e abbandonando il nome Led Zeppelin”.
Deep Purple Italia: “A parte Steve Morse (e te, naturalmente!), chi pensi avrebbe potuto sostituire egregiamente Ritchie Blackmore nei Deep Purple?”
Andrea Braido: “Secondo me, nessuno. Quando se ne è andato Blackmore, avrebbero dovuto fare un’altra band, così come Ritchie ha formato i Rainbow o Blackmore’s Night. Vedi, se fossero rimasti Blackmore e Lord, potevano continuare a chiamarsi Deep Purple; ma i due elementi caratterizzanti sono loro, e la mancanza anche di uno solo dei due si fa sentire molto… Figuriamoci di entrambi!”.
Deep Purple Italia: “Adesso ti farò i nomi di alcuni chitarristi riguardo un determinato genere… ti va di darci un tuo parere personale?”
Andrea Braido su Jimi Hendrix: “Beh, Hendrix tra le tante cose è stato l’anello di congiunzione tra due generazioni, il blues e il jazz-funk, il rock, quindi la sua importanza musicale è stata molto forte; in più in alcuni pezzi si percepiscono venature hard rock ancora in embrione! Grande e sfortunato!
Dicono che assomigli un po’ a Blackmore anche nel carattere… purtroppo!
Andrea Braido su Ritchie Blackmore: “Un grande innovatore, uno che ha saputo miscelare Bach, Grieg con il blues, il rock e anche dello sperimentalismo; tecnica meravigliosa (a quelli che studiano Petrucci consiglio di ripassarsi gli assoli di Lazy e Child In Time), tocco da violoncellista e notevole senso ritmico duranti gli assoli. Sicuramente sottovalutato da molti incapaci che confondono la simpatia con l’arte (il che è gravissimo). Blackmore è il mio preferito. Dicono che gli assomiglio anche un po’ nel carattere… ci sono dei momenti che è vero! Mi dispiace [ride]”.
Andrea Braido su Jimmy Page: “Un grande sperimentatore… mi piace quando suona l’acustica a dodici e a sei corde; a differenza di Blackmore, forse divideva di più le idee con gli altri della band, e sicuramente in modo meno autoritario; stiamo parlando di due band diverse… Tornando a Page, di certo c’è che – come da sua ammissione – è un incrocio tra un principiante ed un chitarrista country. Mi piace il suo sound, di meno i suoi assoli: molto più comprensibili per la massa”.
Andrea Braido su Jeff Beck: “Il primo in assoluto a usare la distorsione e il feedback, il Picasso della chitarra con una mente sempre aperta ad altri generi, lirico e quando vuole estremamente tecnico. Tecnico a suo modo, e quindi difficile da riprodurre… bisogna essere in sua sintonia! Troppo avanti rispetto al suo presente, comunque un Alieno!”.
Andrea Braido su Eddie Van Halen: “Se Beck è il Picasso della situazione, Van Halen è il Salvator Dalì della chitarra. Reinventarsi tutto un mondo in quel modo, denota una sola una parola: genio! Tocco molto simile a Blackmore e Beck, ossia molto fisico, preciso e sofferto… Certe sue sonorità rimangono insuperate”.
Andrea Braido su Steve Vai: “Ho stimato molto Vai nel ruolo di perfetto esecutore con il grande Frank Zappa, ma trovo la sua musica troppo artificiosa: efficace su disco, meno in situazioni live. Tengo a precisare che ho solo un paio dei suoi lavori e l’ho ascoltato pochissimo… Non mi sentirei di aggiungere altro”.
Andrea Braido su Joe Satriani: “I primi dischi di Satriani sono stati una perfetta fusione tra Beck, Vai ed un certo tipo di rock radiofonico molto americano. Personalmente ritengo sia un grande talento e che soprattutto in studio renda tutto il suo meticoloso potenziale! Dal vivo mi entusiasma meno ma resto comunque dell’idea che sia un grande professionista”.
Andrea Braido su Yngwie Malmesteen: “Ho solo il suo primo disco. Ritengo sia un perfezionista, ma non sono in accordo con lui quando dice di essere un “purista”: siamo tutti sempre influenzati da molte cose, culture diverse, musiche di epoche diverse, quindi mi voglio sentire libero di cogliere molti stimoli da tante culture diverse. Mi infastidiscono la stupidità e la superficialità con cui molti giudicano e disprezzano Malmsteen: ha influenzato migliaia di chitarristi con un suo stile ed il suo sound. Basta e avanza per portargli un gran rispetto”.
Andrea Braido su John Petrucci: “Mai sentito! Scherzo, ma non di molto… Ho sentito qualcosa dei Dream Theater, ma non mi si è mosso un pelo! Quando voglio mettermi alla prova con cose molto difficili, provo a riprodurre con la chitarra alcuni temi di Zappa scritti per la Marimba… mi divertono di più, perché uniscono ironia e estrema durezza nell’esecuzione. Certo, i gusti sono gusti, ma per i miei forse i Dream Theater si prendono un po’ troppo sul serio”.
Andrea Braido su Steve Morse: “Amo alcuni suoi lavori come ‘The Introduction’ ed ‘High Tension Wires’… Mi piace molto il suo modo di fondere barocco, medioevale e country bop… una miscela esplosiva! Mi paice il suo buon umore percepibile dalla sua musica, poi ha diviso molti momenti da studente con Pat Metheny e Jaco Pastorius… avrei voluto vedere cosa combinavano insieme!”.
Deep Purple Italia: “Parliamo un po’ di te adesso. Cosa ricordi della tua esperienza con Ian Paice? Sentivi il fantasma di Ritchie sulle tue spalle?”
Andrea Braido: “No, assolutamente. Paice è stato un grande batterista, e lo è tuttora, e da buon inglese non si sbilancia mai. C’è un concerto con lui a Torino durante il quale mi sono divertito molto a dialogare in musica con lui. Naturalmente non gli ho chiesto nulla di Blackmore. E’ stata una bella esperienza, che però per si è conclusa dopo qualche evento insieme”.
Deep Purple Italia: “E di quella con Vasco Rossi?”
Con Vasco, era la volta buona che si potesse fare del rock vero in Italia. Peccato per come le cose siano andate dopo Fronte Del Palco.
Andrea Braido: “Di quell’esperienza, la più soddisfacente è stata il tour di ‘Fronte del Palco’. Credo di aver vissuto in pieno il mio ruolo di lead guitar, proprio come Blackmore. Avevo una grande responsabilità, tutti si aspettavano ogni sera il massimo da me, ed io ho sempre cercato di farlo… e per questo spesso guidavo la band, essendo il solista dopo la voce”.
“Noto con tristezza che quella situazione al giorno d’oggi riflette poca musica dai musicisti, e una totale autoglorificazione del cantante… peccato! Era una buona occasione per fare del rock in Italia, e non solo tanti soldi… per il cantante! [ride] Poi, sono subentrate delle persone nello staff – che all’epoca di ‘Fronte del Palco’ non c’erano – Grazie anche al loro delirio di potere, tutto è stato trasformato in una sorta di semplice pop rock”.
Deep Purple Italia: “E di Zucchero cosa ci dici?”
Andrea Braido: “Niente!!!”
Deep Purple Italia: “Parlaci dei tuoi progetti attuali. Sappiamo che hai appena pubblicato un nuovo album, Space Braidus (Videoradio), se non erro la tua quarta fatica. Ci descrivi come è nato questo bellissimo lavoro (è assolutamente consigliato, ndr!), e in che modo si distingue dai lavori precedenti?”
Andrea Braido: “Beh, ho molti progetti diversi. Oggi sto usando molto la chitarra classica, flamenco e jazz, che a parere di molti suono meglio dell’elettrica. Diciamo che è un altro mondo, legato alle mie origini multietniche (Spagna, Austria, ex Jugoslavia); sta anche nascendo un progetto con Mario Reves, il chitarrista solista dei Gypsy Kings, un vero gitano del sud della Francia, con origini andaluse! Poi c’è un concerto dedicato a Hendrix, in cui molte altre mie influenze convergono; un altro progetto con Carl Palmer (ELP) e T.M. Stevens (Steve Vai, Joe Coker, Tina Turner)… vedremo cosa succederà (saranno i Twin Dragons, ndr). Infine ho un mio trio, con cui eseguo i pezzi di precedenti album, dove c’è molto jazz, funk, rock ed anche un po’ di Zappa”.
“Space Braidus è diverso dagli altri miei lavori solisti perché è stato registrato su mia decisione insieme alla band, come si faceva una volta, e non più a pezzi come spesso succede oggi. Entro la fine di quest’anno o l’inizio dell’anno prossimo, vedrà la luce il mio nuovo disco al 98% acustico, su cui suono tutti gli altri strumenti oltre alle chitarre… non ti dico altro!”.
Deep Purple Italia: “Sappiamo che per anni sei stato un Fenderista accallito e un ‘Marshalloso’ convinto. Da diversi anni però ti si vede con strumenti custom handmade. Potere dell’endorsement, oppure una tua scelta legata ad esigenze personali?”
Andrea Braido “In realtà rimango un fenderista incallito. La mia strumentazione principale è fatta da due Stratocaster del 1972 e 1973, e da Telecaster del 1973 – tutte con pick-up Joe Barden. Qualche volta uso delle Gibson Firebird e Sg, riedizioni del modello del 1961. Nel mio gear ci sono anche però certi strumenti fatti a mano, come la mia Frudua GFF Signature, o una Robin (produttore texano), ma solo perchè hanno un hardware più moderno e mi consentono di suonare cose diverse. Per quanto riguarda gli amplificatori: vecchi Marshall Jcm 900, oppure FenderTwin o Vibro King e Vht pitbull 100″.
Deep Purple Italia: “Cosa usi attualmente in tour?”
Andrea Braido: “Vedere sopra!”.
Deep Purple Italia: “Una ‘dritta’ a tutti i chitarristi in erba e non…?”
Andrea Braido: “Amate la vita con tutti i suoi problemi, la Musica, e siate onesti con voi stessi… e anche umili!”.
Deep Purple Italia: “Un messaggio a tutti i visitatori di Deep Purple Italia…”.
Andrea Braido: “Un salutone a tutti voi, e se qualcuno riesce ad incontrare Blackmore… me lo saluti! Non l’ho mai visto di persona”.
Deep Purple Italia: “Andrea… è stato un immenso piacere averti con noi e, sperando in una tua piccola visita nei nostri forum di discussione, ti salutiamo con un fortissimo e caldo abbraccio. Insomma… vienici a trovare ogni tanto! Ciao!”
Andrea Braido: “Ciao! Farò il possibile!”.