Partiti Gillan e Glover (più o meno volontariamente…), i Deep Purple si ritrovano con l’arduo compito di ritrovare due degni sostituti. E assolvono tale incombenza alla grande, senza ostinarsi a trovare due “cloni” dei partenti.
Arrivano infatti lo sconosciuto (allora) David Coverdale (voce) e il già più esperto (Trapeze) Glenn Hughes (basso e voce). Subito si nota un cambiamento notevole rispetto alla mk2: anche se la voce “principale” è sempre una, Coverdale, si registra l’innesto di un secondo cantante, che , si vedrà, non si limita certo alle backingvocals! Fatta questa premessa, vediamo come si presenta questa nuova mark…
Si presenta alla grande, con un pezzo che entra di diritto tra i migliori dei Purple, ovvero la titletrack Burn. Che dire di questa canzone? 6 minuti di potenza, velocità e gusto.
Un cantato aggressivo, con le due voci molto diverse, che si integrano alla grande e due assoli, di Blackmore e Lord veramente strepitosi nel loro passaggio da una prima parte libera ad una seconda “costruita”…e costruita da due geni, che sfornano due assoli neoclassici da brivido!!! Grandioso come sempre Paice, che in 6 minuti colpirà il rullante un miliardo di volte, e mai a caso!
Segue la solida Might just take your life., forse un po’ debitrice di Woman from Tokyo nella melodia e nell’impostazione. Canzone godibile, vede ancora l’ottima alternanza delle due voci (prevale comunque Coverdale) e un ottimo assolo di Lord nel finale. Terza traccia è Lay down, stay down. E’ un pezzo veloce dal riff coinvolgente e diretto., dotato di assoli di Blackmore e Lord al pianoforte.
E’ molto blues, ma molto veloce. Il quarto pezzo è uno dei migliori (per il sottoscritto, almeno!) della mk3, ovvero Sail away. E’ una splendida song d’atmosfera senza grandi passaggi strumentali ma veramente molto avvincente dal primo all’ultimo secondo. Bravissimo Coverdale, in particolare, ma bravi tutti a creare un’atmosfera davvero suggestiva.
Segue la nervosa e velocissima You fool no one, che diventerà in sede live, “pretesto” per lunghe improvvisazioni. In questa canzone più che in tutte le altre le due voci cantano in coro con un effetto molto bello. Da sottolinare la monumentalità di Paice che , l’unico capace di creare dei “riff di batteria” (vd anche The mule) e di non limitarsi all’accompagnamento.
In questo pezzo sfodera una velocità, una tecnica spaventose. E sentirlo riafer il tutto perfettamente dal vivo è ancora più impressionante! La sesta canzone è What’s goin’ on here, un altro hard blues che vede un gran lavoro in particolare di Jon Lord. E’ però, per me, il pezzo meno avvincente del disco, se si esclude la traccia finale…
Inchiniamoci tutti, però, di fronte ad uno dei riff più belli della storia, quello di Mistreated, un riff solenne e pieno di calore, come solo Blackmore sa fare. Un riff stupendo completato da una cantato altrettanto bello e pieno di feeling da parte di Coverdale, a suo agio su pezzi come questo (ma ne esistono di simili?). Bellissimo anche il finale con accelerazione stop conclusivo.
Chiude il disco una traccia che, a mio parere, poteva benissimo restare un demo, ovvero “A”200. E’ uno strumentale in cui, su una base di batteria che richiamo lo stacco celeberrimo di Child in Time, si sviluppano parti di tastiere e chitarra quasi “psichedeliche”, piuttosto distorte.
Per carità, non si può certo dire che sia un brutto pezzo (sono sempre i Deep Purple 😉 ), ma non dice granchè, soprattutto a fronte dei capolavori che l’hanno preceduto! In definitiva, un disco da avere assolutamente! Anche coi nuovi arrivati I Deep Purple hanno saputo fare grandi cose, e questo disco ne è la dimostrazione in studio.
Per il “test” dal vivo…arriverà un certo California Jamming…