Made In Japan

Recensione di Carlo Crudele http://www.musicboom.net
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Quello dei Deep Purple è un nome fondamentale per chiunque ami il rock “duro”; durante la loro lunghissima carriera (iniziata nel 68, e non ancora terminata) la formazione è mutata nove volte, ed i singoli membri hanno sviluppato loro stessi numerose altre band (Ian Gillan Band, Whitesnake, Rainbow…). Quando si parla di Deep Purple, nonostante la copiosità della produzione, è però quasi inevitabile abbracciare il periodo 70-72, tre anni in cui hanno contribuito massivamente alla nascita ed all’esplosione dell’hard rock.

Made in Japan si può considerare la summa della formazione storica della band inglese: la tracklist da sola potrebbe benissimo spiegare perché. I riff potenti, immediati e trascinanti di pezzi come Highway Star, Space Truckin’, Strange Kind of Woman, Lazy, e Smoke on the Water sono ormai destinati a rimanere indelebilmente nella storia del rock.

L’album è stato registrato interamente dal vivo durante il tour giapponese, tra il 15 ed il 17 agosto del 72, senza alcuna sovraincisione o taglio. L’apertura è una tiratissima Highway Star, in cui sono in grande evidenza la voce di Gillan e le capacità dei due solisti: mentre Lord all’hammond da’ sfoggio di notevoli capacità improvvisative, Blackmore riprende e sviluppa il tema originale del solo di Machine Head, velocizzandolo e inacattivendolo.

A reggere il tutto Paice, batterista fenomenale mai abbastanza lodato e Glover, bassista – metronomo che ha palesemente il compito di tenere ordine in una band di solisti. La perla viene subito dopo: una splendida versione di Child in Time, in cui uno splendido Gillan ripete la prova registrata in In Rock, contrappuntato da Paice che con sapientissimo uso di piatti e charleston realizza un lavoro melodico assolutamente inusuale per un pezzo rock; la parte “dura” di Child in Time vede di nuovo sugli scudi Blackmore, che replica il solo di Lazy.

Senza un attimo di respiro, si passa a Smoke on the Water, in una versione che sotterra l’originale: ancora splendido Paice, e ancora un’ottima prestazione “di gruppo” per un pezzo che vale, da solo, l’acquisto del disco, con ampio spazio per gli assoli e le “svise” di Lord e Blackmore.

Quanto alla forma del drummer, “the mule”, assolo di batteria di 9 e passa minuti, dovrebbe bastare a dissipare ogni dubbio (anche se è il pezzo meno convincente della selezione). In Strange Kind of Woman, a quanto già detto sulla band si aggiunge un gustoso duetto voce – chitarra in cui Gillan e Blackmore si sfidano alla “nota più alta” e… pareggiano.

Lazy è aperta da una bellissima intro con un grande interplay chitarra – tastiera, e si snoda come un rock-blues di 10’30” senza un attimo di pausa. L’ultimo pezzo, la lunghissima space truckin’, risulta dalla fusione dell’originale space truckin’ con una serie di soli “lenti” tratti principalmente da Mandrake Root e Fools, due pezzi della precedente discografia, con un’ampia dose di improvvisazione.

Nella versione rimasterizzata di made in Japan abbiamo poi un secondo, intrigante cd con i bis del gruppo: Black Night, Speed King e Lucille (sì, il vecchio rock n ‘ roll), in registrazioni di qualità sonora inferiore al resto dell’album, e con esecuzioni che, pur non aggiungendo moltissimo alle originali, meritano un ascolto.

Made in Japan è un album assolutamente fondamentale: ottimo e trascinante hard rock, suonato benissimo: se ascoltate rock, cosa volete di più?

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