Re: Deep Purple - Tour Italiano ottobre/novembre 2015
Inviato: domenica 8 novembre 2015, 13:05
Direi un bel report!
Anche Arrivederci Roma ha fatto Don!
La domanda che mi viene adesso è quanti spettatori avranno fatto in tutto..
5 a padova almeno 10 a milano, leggevo di 7 a firenze e quanti a roma?
30 mila li hanno fatti in tutto?
buona lettura
LIVE REPORT •
Hanno fatto la storia del rock, sono in auge dal 1968 e sono considerati tra i pionieri del genere hard&heavy, in un due parole: DEEP PURPLE. L’inossidabile band inglese è tornata in Italia per una serie di date che ormai hanno una cadenza quasi annuale nel nostro Paese e che dimostrano, vista l’enorme presenza di pubblico, che i Deep Purple continuano ad avere sempre un grandissimo seguito qui da noi come nel resto del mondo. Per dirla alla Fabio Treves: “I Deep Purple sono la nostra band di ieri, di oggi e di domani”, come hanno dimostrato al Palalottomatica di Roma.
Fabio Treves Blues Band
Come annunciato in questi giorni non ci saranno più i Rival Sons ad aprire le primissime date europee della band di Gillan & Co. Un vero peccato, perché il gruppo di Long Beach ha il tiro giusto per accompagnare i Maestri britannici, riproponendo quel sound che ha fatto grande l’hard rock. Ovviamente, quando leggerete queste righe, gli altri amici europei avranno invece la fortuna di poterli ammirare e devo dire che personalmente, avendoli visti già tre volte, questo è un grande dispiacere. Viene così affidato alla Fabio Treves Blues Band il compito di fare da supporto ai Deep Purple in questa loro visita nel Bel Paese. Nulla contro di loro, intendiamoci, da quello che leggo sono on the road da oltre quarant’anni, hanno un curriculum di tutto rispetto e dopo averli visti suonare nella data romana ammetto che sono musicisti di classe e tecnica invidiabile, ma decisamente fuori contesto. Non sono un fautore di queste strane accoppiate (vedi i Vintage Trouble con AC/DC in quel di Imola) e oltretutto non ho mai seguito il blues, anche se è innegabile la forte influenza che questo genere ha avuto sulla nascita dell’hard rock. Mi limito a dire che il funambolo dell’armonica Fabio Treves e la sua band hanno intrattenuto piacevolmente tutti con il loro blues, tinto qua e là da un po’ da pennellate di rock’n’roll anni ’50 ed a tratti un po’ ruffiano con qualche accenno a famose melodie (leggi Santana).
Insomma, una buona mezz’ora in compagnia del “puma di Lambrate” (come viene soprannominato Treves) passeggiando su quelle strade sonore segnate da alcune pietre miliari che ormai sono indimenticabili classici della storia della musica e che hanno portato, col tempo, al mio beneamato rock più duro.
Musicisti di navigata esperienza, hanno saputo intrattenere il numeroso pubblico del Palalottomatica con brani come “Stone Fox Chase” e “Shake Your Hips”.
Setlist: “Just Your Fool” (Buddy Johnson cover) – “Kinky Woman” – “Stone Fox Chase” (Area Code 615 cover) – “Wreckin’ Ball” – “Shake Your Hips” (Slim Harpo cover)
FABIO TREVES BLUES BAND lineup:
Fabio Treves – Vocals, Harmonica
Alex “Kid” Gariazzo – Guitars, Vocals
Massimo Serra – Drums
Guitar Ray – Guitars, Vocals
Gab D – Bass
——————————————————-
Deep Purple
Il cambio palco è veloce e svela ai nostri occhi anche l’enorme schermo centrale sul quale risalta la grande scritta Deep Purple. Le luci si spengono e le note di “Marte, il portatore di guerra” (primo dei sette movimenti che compongono la suite “I Pianeti” di Gustav Holst) cominciano a diffondersi in sala: è giunto il momento di iniziare il lungo viaggio nella storia del rock e quindi di incamminarci sulla “Highway Star”.
Un boato accoglie i cinque sul palco, vecchie e nuove generazioni unite dalla stessa passione al cospetto di un monumento così importante come lo sono i Deep Purple, che continuano ad emozionare tanto i più giovani quanto gli adulti che, come me, li seguono sin dalle loro prime opere ed è un piacere vedere come padri e figli siano lì insieme, in una sorta di continuità delle buone tradizioni che si tramandano in una famiglia.
Il programma della serata spazia tra vecchi, ma sempre immortali, successi come “Boodsucker”, “Hard Lovin’ Man” (tratte proprio dal primo disco che alla fine del 1970 me li fece conoscere, “In Rock”), che si alternano a pezzi nuovi come la tenebrosa “Vincent Price”, brano che ha visto il loro ritorno a quelle sonorità più heavy che da sempre li contraddistingue.
Ogni canzone è accompagnata dall’ovazione del pubblico, che in coro canta brani leggendari come “Strange Kind Of Woman”, oppure applaude ammirato Steve Morse nella strumentale “Contact Lost”.
Certo, il tempo passa per tutti, ma questi “attempati ragazzini” ci sanno ancora fare e noi subiamo il loro fascino e quello delle loro canzoni che mettono in risalto le loro doti di musicisti. Ian Gillan non ha più gli acuti di un tempo e di tanto in tanto si prende qualche attimino di pausa, ma riesce a mantenere sempre vivo il suo carisma e con la sua voce ad infondere quello spirito rock che esalta i nostri animi, anche se, ovviamente, è costretto a non eseguire più alcuni brani fondamentali della loro discografia. Gillan lascia più spazio sulla scena ad un Morse in grande forma, che sa stregare il pubblico con il suo stile ed una padronanza dello strumento che lascia stupefatti: provate ad ascoltarlo in “The Well-Dressed Guitar” dove può spaziare a volontà con il suo chitarrismo. Certo, personalmente non posso considerarlo un Purple al 100%, Blackmore è sempre nel mio cuore, ma Steve ha dato nuova energia alla band, rinvigorendo i fasti del passato con i suoi riff e la sua particolare tecnica.
E poi c’è quell’inesauribile motore che è Ian Paice, il suo assolo su “The Mule” è qualcosa di sbalorditivo, acrobazie che sorprendono tutta l’audience e che fanno restare a bocca aperta quando, nel buio più totale, si vedono volteggiare le sole bacchette luminose sui suoi tamburi: molti batteristi hanno ancora molto da imparare da questo “vecchietto”. Tanto di cappello!
Ma è Don Airey ad incantarci, il tastierista sale in cattedra e mette a tacere tutti con un assolo che rasenta la perfezione. Tra effetti elettronici e magici virtuosismi, Don mette in mostra la sua abilità e la sua destrezza regalandoci emozioni a non finire e fantasiosi giochi di prestidigitazione facendo volare le sue mani su quei tasti, spaziando dalla classica al ragtime, lasciando poi un segno nei nostri cuori con “Arrivederci Roma”: un omaggio alla Città Eterna applaudito a lungo da tutti i presenti. Airey si diverte deliziandoci con le sue improvvisazioni e variazioni sul tema ed ormai perfettamente integrato nel ruolo che fu di Jon Lord, passa all’Hammond per introdurre “Perfect Strangers”, la title-track dell’album della reunion.
Lasciano temporaneamente il palco non prima di far esplodere il Palalottomatica con il più celebre ed inconfondibile riff della storia del rock: “Smoke On The Water”, che tutti cantano a squarciagola e che ancora oggi, dopo 43 anni, infiamma il pubblico dell’intero pianeta… e forse anche di tutta la galassia.
L’attesa per il loro rientro non è lunga ed introdotta da un loro accenno alla famosa “Green Onions”, eccoli tornare per l’encore con la sempreverde “Hush” e dopo un energico assolo di basso di un tonico e sorridente Roger Glover, chiudono il loro show con l’immancabile “Black Night” che il pubblico accompagna con il suo coro in un prolungato botta e risposta con Steve Morse, in un coinvolgimento sinergico ed intenso.
La standing ovation è d’obbligo per salutarli degnamente e ringraziare i Deep Purple dopo una serata così unica e veramente speciale. Per dirla alla Ian Gillan: “SUPERBE!”
Setlist: “Highway Star” – “Bloodsucker” – “Hard Lovin’ Man” – “Strange Kind Of Woman” – “Vincent Price” – “Contact Lost” – “Uncommon Man” – “The Well-Dressed Guitar” – “The Mule” – “Lazy” – “Demon’s Eye” – “Hell To Pay” – “Perfect Strangers” – “Space Truckin'” – “Smoke On The Water” – “Hush” (Joe South cover)” – “Black Night”
DEEP PURPLE lineup:
Ian Gillan – Vocals
Steve Morse – Guitars
Don Airey – Keyboards
Roger Glover – Bass
Ian Paice – Drums
report Rockberto Manenti
Metalrock
Anche Arrivederci Roma ha fatto Don!
La domanda che mi viene adesso è quanti spettatori avranno fatto in tutto..
5 a padova almeno 10 a milano, leggevo di 7 a firenze e quanti a roma?
30 mila li hanno fatti in tutto?
buona lettura
LIVE REPORT •
Hanno fatto la storia del rock, sono in auge dal 1968 e sono considerati tra i pionieri del genere hard&heavy, in un due parole: DEEP PURPLE. L’inossidabile band inglese è tornata in Italia per una serie di date che ormai hanno una cadenza quasi annuale nel nostro Paese e che dimostrano, vista l’enorme presenza di pubblico, che i Deep Purple continuano ad avere sempre un grandissimo seguito qui da noi come nel resto del mondo. Per dirla alla Fabio Treves: “I Deep Purple sono la nostra band di ieri, di oggi e di domani”, come hanno dimostrato al Palalottomatica di Roma.
Fabio Treves Blues Band
Come annunciato in questi giorni non ci saranno più i Rival Sons ad aprire le primissime date europee della band di Gillan & Co. Un vero peccato, perché il gruppo di Long Beach ha il tiro giusto per accompagnare i Maestri britannici, riproponendo quel sound che ha fatto grande l’hard rock. Ovviamente, quando leggerete queste righe, gli altri amici europei avranno invece la fortuna di poterli ammirare e devo dire che personalmente, avendoli visti già tre volte, questo è un grande dispiacere. Viene così affidato alla Fabio Treves Blues Band il compito di fare da supporto ai Deep Purple in questa loro visita nel Bel Paese. Nulla contro di loro, intendiamoci, da quello che leggo sono on the road da oltre quarant’anni, hanno un curriculum di tutto rispetto e dopo averli visti suonare nella data romana ammetto che sono musicisti di classe e tecnica invidiabile, ma decisamente fuori contesto. Non sono un fautore di queste strane accoppiate (vedi i Vintage Trouble con AC/DC in quel di Imola) e oltretutto non ho mai seguito il blues, anche se è innegabile la forte influenza che questo genere ha avuto sulla nascita dell’hard rock. Mi limito a dire che il funambolo dell’armonica Fabio Treves e la sua band hanno intrattenuto piacevolmente tutti con il loro blues, tinto qua e là da un po’ da pennellate di rock’n’roll anni ’50 ed a tratti un po’ ruffiano con qualche accenno a famose melodie (leggi Santana).
Insomma, una buona mezz’ora in compagnia del “puma di Lambrate” (come viene soprannominato Treves) passeggiando su quelle strade sonore segnate da alcune pietre miliari che ormai sono indimenticabili classici della storia della musica e che hanno portato, col tempo, al mio beneamato rock più duro.
Musicisti di navigata esperienza, hanno saputo intrattenere il numeroso pubblico del Palalottomatica con brani come “Stone Fox Chase” e “Shake Your Hips”.
Setlist: “Just Your Fool” (Buddy Johnson cover) – “Kinky Woman” – “Stone Fox Chase” (Area Code 615 cover) – “Wreckin’ Ball” – “Shake Your Hips” (Slim Harpo cover)
FABIO TREVES BLUES BAND lineup:
Fabio Treves – Vocals, Harmonica
Alex “Kid” Gariazzo – Guitars, Vocals
Massimo Serra – Drums
Guitar Ray – Guitars, Vocals
Gab D – Bass
——————————————————-
Deep Purple
Il cambio palco è veloce e svela ai nostri occhi anche l’enorme schermo centrale sul quale risalta la grande scritta Deep Purple. Le luci si spengono e le note di “Marte, il portatore di guerra” (primo dei sette movimenti che compongono la suite “I Pianeti” di Gustav Holst) cominciano a diffondersi in sala: è giunto il momento di iniziare il lungo viaggio nella storia del rock e quindi di incamminarci sulla “Highway Star”.
Un boato accoglie i cinque sul palco, vecchie e nuove generazioni unite dalla stessa passione al cospetto di un monumento così importante come lo sono i Deep Purple, che continuano ad emozionare tanto i più giovani quanto gli adulti che, come me, li seguono sin dalle loro prime opere ed è un piacere vedere come padri e figli siano lì insieme, in una sorta di continuità delle buone tradizioni che si tramandano in una famiglia.
Il programma della serata spazia tra vecchi, ma sempre immortali, successi come “Boodsucker”, “Hard Lovin’ Man” (tratte proprio dal primo disco che alla fine del 1970 me li fece conoscere, “In Rock”), che si alternano a pezzi nuovi come la tenebrosa “Vincent Price”, brano che ha visto il loro ritorno a quelle sonorità più heavy che da sempre li contraddistingue.
Ogni canzone è accompagnata dall’ovazione del pubblico, che in coro canta brani leggendari come “Strange Kind Of Woman”, oppure applaude ammirato Steve Morse nella strumentale “Contact Lost”.
Certo, il tempo passa per tutti, ma questi “attempati ragazzini” ci sanno ancora fare e noi subiamo il loro fascino e quello delle loro canzoni che mettono in risalto le loro doti di musicisti. Ian Gillan non ha più gli acuti di un tempo e di tanto in tanto si prende qualche attimino di pausa, ma riesce a mantenere sempre vivo il suo carisma e con la sua voce ad infondere quello spirito rock che esalta i nostri animi, anche se, ovviamente, è costretto a non eseguire più alcuni brani fondamentali della loro discografia. Gillan lascia più spazio sulla scena ad un Morse in grande forma, che sa stregare il pubblico con il suo stile ed una padronanza dello strumento che lascia stupefatti: provate ad ascoltarlo in “The Well-Dressed Guitar” dove può spaziare a volontà con il suo chitarrismo. Certo, personalmente non posso considerarlo un Purple al 100%, Blackmore è sempre nel mio cuore, ma Steve ha dato nuova energia alla band, rinvigorendo i fasti del passato con i suoi riff e la sua particolare tecnica.
E poi c’è quell’inesauribile motore che è Ian Paice, il suo assolo su “The Mule” è qualcosa di sbalorditivo, acrobazie che sorprendono tutta l’audience e che fanno restare a bocca aperta quando, nel buio più totale, si vedono volteggiare le sole bacchette luminose sui suoi tamburi: molti batteristi hanno ancora molto da imparare da questo “vecchietto”. Tanto di cappello!
Ma è Don Airey ad incantarci, il tastierista sale in cattedra e mette a tacere tutti con un assolo che rasenta la perfezione. Tra effetti elettronici e magici virtuosismi, Don mette in mostra la sua abilità e la sua destrezza regalandoci emozioni a non finire e fantasiosi giochi di prestidigitazione facendo volare le sue mani su quei tasti, spaziando dalla classica al ragtime, lasciando poi un segno nei nostri cuori con “Arrivederci Roma”: un omaggio alla Città Eterna applaudito a lungo da tutti i presenti. Airey si diverte deliziandoci con le sue improvvisazioni e variazioni sul tema ed ormai perfettamente integrato nel ruolo che fu di Jon Lord, passa all’Hammond per introdurre “Perfect Strangers”, la title-track dell’album della reunion.
Lasciano temporaneamente il palco non prima di far esplodere il Palalottomatica con il più celebre ed inconfondibile riff della storia del rock: “Smoke On The Water”, che tutti cantano a squarciagola e che ancora oggi, dopo 43 anni, infiamma il pubblico dell’intero pianeta… e forse anche di tutta la galassia.
L’attesa per il loro rientro non è lunga ed introdotta da un loro accenno alla famosa “Green Onions”, eccoli tornare per l’encore con la sempreverde “Hush” e dopo un energico assolo di basso di un tonico e sorridente Roger Glover, chiudono il loro show con l’immancabile “Black Night” che il pubblico accompagna con il suo coro in un prolungato botta e risposta con Steve Morse, in un coinvolgimento sinergico ed intenso.
La standing ovation è d’obbligo per salutarli degnamente e ringraziare i Deep Purple dopo una serata così unica e veramente speciale. Per dirla alla Ian Gillan: “SUPERBE!”
Setlist: “Highway Star” – “Bloodsucker” – “Hard Lovin’ Man” – “Strange Kind Of Woman” – “Vincent Price” – “Contact Lost” – “Uncommon Man” – “The Well-Dressed Guitar” – “The Mule” – “Lazy” – “Demon’s Eye” – “Hell To Pay” – “Perfect Strangers” – “Space Truckin'” – “Smoke On The Water” – “Hush” (Joe South cover)” – “Black Night”
DEEP PURPLE lineup:
Ian Gillan – Vocals
Steve Morse – Guitars
Don Airey – Keyboards
Roger Glover – Bass
Ian Paice – Drums
report Rockberto Manenti
Metalrock