Deep Purple a Torino 2001

Recensione di Gianfranco Barinotti Deep Purple Made In Italy
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Torino, ultima nostra tappa. Partiamo alle 13, anche se per raggiungere Torino occorrono appena 60 minuti. Ma dobbiamo trovare il Signor G., l’uomo che aveva fatto tornare il sorriso sul volto di Carlo Alberto.

Perdiamo una compagna di viaggio, Silvana rinuncia. Siamo in tre: io, Carlo Alberto che vuole una volta nella sua vita prendere parte ad un after-show – ormai è una questione di principio, dice – e il Chicco attratto dalla possibilità di ingurgitare confezioni intere di gianduiotti per poi sotterrarmi con Highway Star.

Alle 14.30 ci incontriamo con Giulio, il capo del Fan Club. Anche lui deve venire con noi dal Signor G.. Arriviamo al Palastampa, nei pressi dello stadio Delle Alpi: qui stanno ancora lavorando di brutto per allestire il palco per la serata. Entriamo dal retro, abusivamente si intende.

E iniziamo a chiedere in giro del Signor G.. Sul nostro cammino da abusivi incrociamo uomini di varie razze, lingue, religioni (non sappiamo delle loro tendenze sessuali, non ci interessava) a tutti, in italiano, inglese, aramaico antico e dialetto milanese, chiediamo del Signor G.. Nessuna traccia. Carlo Alberto perde subito le speranze, l’after-show rischia di essere un miraggio o, peggio, uno choc che rischia di portarsi dietro per tutta la vita. Finalmente ecco il Signor G.. Non resisto alla tentazione di abbracciarlo.

Poi mi assale un dubbio: si ricorderà ancora di me? Il dubbio mi assale mentre lo cingo. Ormai è fatta. Roba da non credere, sgancia a Carlo Alberto quattro Pass Vip e ci dice che Glover arriverà verso le 17 per controllare la situazione palco. Si deve aspettare ancora due ore. Da abusivi, nel Palastampa. Ma non ci interessa.

L’unico a borbottare è Chicco: siamo troppo distanti dalle pasticcerie del centro, di gianduiotti neanche l’ombra nel raggio di qualche chilometro. A proposito di “neanche l’ombra”. Sono le 17.30 e Glover non si vede. Sparito come i gianduiotti? A questo punto decido di andare ancora dal Signor G.. Ma chi è questo Signor G., vi chiederete voi? E’ solamente il capo della XYZ , ovvero un uomo che conta nell’organizzare i concerti dei Deep Purple in Italia.

Mi rassicura il Signor G.: Glover non viene, in compenso mi lascia in mano quattro pass Access All Area. Questa volta per forza li cucchiamo…. i Deep Purple !!!!!!!!!!!!! . Il Signor G. ci dice anche che sono ancora in Hotel .

Che facciamo? Si parte e, bruciando letteralmente la strada (il tratto Palastampa-Hotel lo copri normalmente in un’ora, noi arriviamo in 20 minuti. Giulio, il driver. È pazzo e Schumacher è il suo profeta). Siamo davanti all’Hotel. E’ fatta. Entriamo – io nel frattempo non mi reggo più in piedi, da otto giorni giro in lungo e in largo, forse più in lungo, con una microfrattura al piede – e scopriamo che i Deep Purple sono appena usciti. Da dieci minuti, ci dicono nella hall, per andare al Palastampa. Voliamo indietro, non ho contato quanti semafori rossi Giulio ha bruciato, certo, a bordo aveva un ferito… ma non era il caso. Schumi sarebbe impallidito, Barrichello avrebbe smesso di guidare una Ferrari. Ma a questo punto non ci può fermare più nessuno. Abbiamo gli Access All Area, possiamo andare dove vogliamo.

Mandiamo un amico di Giulio al botteghino a ritirare i 4 biglietti omaggio che Glover, ancora una volta ci aveva lasciato (ma non li utilizziamo, li conserviamo gelosamente, in fondo un po’ di feticismo, quando di mezzo ci sono i Deep Purple, non guasta) unitamente ai soliti after-show inconsumati. Entriamo dal retro del Palastampa e vediamo posteggiato il pullman dei Deep Purple. Gillan ha voluto una parabola, l’ha fatta installare perché voleva vedersi in tv Germania-Inghilterra. Il concerto inizierà solo al triplice fischio dell’arbitro, Lui ha deciso così. Con quei pass possiamo veramente fare ciò che vogliamo (ancora grazie Il Signor G.).

Lungo i corridoi io e Chicco, che sta assumendo il ruolo di bastone della mia vecchiaia e mi sorregge a causa delle fitte sempre più allucinanti, incontriamo Steve Morse. Ci fermiamo a parlare con lui, firma autografi, si mette in posa con noi per le foto di rito. Insomma, una persona squisita, gentilissimo e disponibilissimo. A questo punto decidiamo di posizionarci all’ingresso dei camerini: dovranno passare da qui prima di salire sul palco. Arriva Glover, il nostro munifico benefattore in termini di biglietti omaggio (sugli after-show lasciamo perdere, ma non è certo colpa sua). Ci presentiamo, e Roger resta con noi 20 minuti.

Carlo Alberto si scatena in un’intervista per la nostra Fanzine (a proposito, abbonatevi a Deep Purple made in Italy così riceverete l’intervista rilasciata da Roger a Carlo Alberto). E con Glover chiariamo un dubbio che dall’ inizio del tour ci assilla: perché nella scaletta dei concerti ci sono solo pezzi storici e non quelli degli ultimi due album (escluso Ted)? La ragione è semplice, ci dice, non tutti sono dei fans come voi. Il nostro pubblico corre ai concerti per sentire i pezzi storici che sono quelli a maggior impatto e anche perché…. (a questo punto vi consigliamo di andarvi a leggere l’intervista integrale). Glover ci saluta dandoci appuntamento per l’after-show. Sarà vero? Io resto in attesa del mio mitico Ian. Finisce la partita, l’Inghilterra ha vinto 5-1 in Germania, lui è contento. Sorrisi, autografi e l’immancabile foto ricordo.

E’ incredibile Ian: indubbiamente è il leader supremo (o leader maximo, detto alla cubana) , la star, per me lui è i Deep Purple. Ian the great voice Gillan, eppure si ferma con me a parlare tranquillamente, come se fosse la persona che ogni giorno incontri al bar mentre prendi un cappuccio e scambi due parole sul tempo o sul calcio. Un grande anche nella sua semplicità e nel suo essere uomo. Adesso sta per iniziare il concerto e ci fermiamo dietro il palco, a tre metri da loro.

In senso assoluto il miglior concerto di questo tour. Gillan aveva proprio voglia di cantare, ha coinvolto il pubblico come non mai, è riuscito anche a far cantare Morse e Glover, far cantare da solo Glover che è un’impresa titanica. Glover lancia una lattina di birra ad uno spettatore in prima fila.

Non resisto alla tentazione di accaparrarmi un altro cimelio: con il volo di chi da secoli non vede una goccia d’acqua, mi avvicino, gli chiedo da bere. Lui mi passa la lattina lanciata da Glover. Un sorso e poi via, con il piede ormai in frantumi e la lattina in mano.

Verrà poi firmata da Roger e finirà nella mia libreria personale. Tutto ha funzionato alla perfezione questa sera: sarà così anche per l’after-show? E finalmente ci siamo. E’ arrivato il momento del dopo-concerto. E infatti ci bloccano e non ci fanno entrare. Il solito finale? No, alle nostre spalle arriva il Signor G.. “Portami da Gillan”, lo imploro. E imperterriti, passiamo lo sbarramento della security.

Restiamo con loro per un’ora: altre foto, parliamo con loro. Gillan passa coperto solo da un pareo con una bottiglia di “aranciata” in mano per andare a fare la doccia e io scatto l’ennesima foto. Poi tocca a me regalare qualcosa al mio idolo. Ho una foto scattata a Londra prima del concerto alla Royal Albert Hall con sua moglie e sua figlia.

Gli autografo io la foto e la consegno a Ian. La reazione è incredibile: si commuove (non tanto per il mio autografo), quanto per la figlia. “My dear daugther”. Siamo esaltati.

Carlo Alberto non ha solo toccato, ma addirittura circumnavigato il cielo con un dito, il primo after-show non si scorda mai. Il Chicco è emozionato, ha addirittura dimenticato i gianduiotti. Giulio è commosso e quasi intimidito davanti al mito. Io sono il solito pazzo scatenato, ma ho trovato la miglior medicina per la mia frattura. Una serata indimenticabile. Una serata porpora.

Il Signor G. forever! Deep Purple Forever!

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