Deep Purple a Conegliano Veneto, Campo Fiera Santa Lucia di Piave

Recensione di Marcello Maltauro
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Sembrava partito in sordina; pochi ne parlavano. Arrivato a Santa Lucia d. P. (di Piave, ma per noi era Santa Lucia Deep Purple) la massiccia organizzazione faceva intuire che si stava realizzando un grande evento.

Al concerto erano presenti circa quindicimila persone, non male per un gruppo di vecchietti! Prima di passare alla descrizione dello show, concedetemi una mia personale e amara riflessione.

 

I grandi concerti rock in Italia sono eventi celebrati e mitizzati (vedi il caso degli U2 a Torino). Sono una grande festa ed esserci, viverla e raccontarla è sempre fantastico.

Però il popolo rock nella maggior parte dei casi è trattato come una bestia, un mero numero da spennare a cominciare dalle prevendite, dalle vendite, alle birre, panini, ai viaggi organizzati (molto bene per chi ci mangia sopra), ecc…Radunati in un grande spazio, ammassati come le mandrie di un film western alla John Waine, in punta di piedi, tirando il collo come tacchini per cercare di vedere, fra tanti testoni che ondeggiano a loro volta per vedere lo spettacolo, ci si sente un poco ridicoli.

Per i più fortunati (come me), si rimedia un posto vicino al mixer aggrappati ad una transenna ad arrotarci il culo nel tentativo di vedere il più possibile lo stage e chi ci sta sopra.

A Conegliano Veneto, i due grandi fari angolari di questo spazio commerciale, durante lo show dei Purple non sono stati spenti, così che questi enormi fari oltre che rompere le palle a tutti gli spettatori, hanno dimezzato l’effetto luci che i tecnici della band cercavano di offrire vanificandone molto il lavoro. L’amplificazione era alquanto scarsa; non dico il doppio, ma la metà in più dell’esistente sarebbe stata sufficiente per rendere l’idea del gruppo che una volta venne iscritto nel Guinnes dei Primati per l’alto volume sonoro prodotto durante gli show.

La mancanza di Jon Lord si è fatta sentire tantissimo, non perché il sostituto e conosciuto Don Airey non fosse all’altezza, tutt’altro (basta ascoltare i lavori dei Rainbow, Whitesnake, Gary Moore, ecc.), ma perché non si sentiva proprio! Solo durante qualche assolo particolare (tipo Highway Star o Perfect Stranger) si intuiva, ma è triste (anche per lui) vedere uno che si dimena a destra e a manca e non si sente, non si capisce, cosa stia facendo. Lo spettacolo.

Amo i Deep Purple da tanti anni; è un amore profondo e sincero che pesa dentro il mio cuore (e portafoglio) di appassionato della musica, però credo che questo concerto sia stato il meno bello a cui io ho assistito. Non per scarsa professionalità tutt’altro, però, forse per una serie di circostanze che ho citato sopra e forse perché l’ultima volta che ho visto i Deep dal vivo ad Assago mi avevano letteralmente lasciato senza fiato, beh, cari cugini, questa volta sono rimasto un pochino deluso.

E’ comunque bello vedere che si divertono e che per loro non è un lavoro ma una festa continua. Raccogliere tanta gente attorno alla band non è sempre facile e credo che per loro sia sempre e comunque una grande soddisfazione. Il giovane cugino Steve Morse, in continua crescita, sta diventando il leader della band; probabilmente è molto più motivato ed assetato degli altri.

Alla fine comunque mi rimane dentro sempre la sensazione di aver passato qualche ora assieme a dei cari amici e che questo ennesimo incontro mi ha dato tanto. Credo infine, che cinque date in sei giorni siano tante anche per un gruppo di ventenni e che alla lunga si devono risparmiare (soprattutto lo zio Gillan) e calibrare quotidianamente le fatiche di un lungo tour.

Lascio adesso parlare chi fa il giornalista di mestiere e lascio spazio a chi è più competente (e forse freddo) di me.

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