Dario Mollo & Glenn Hughes – Voodoo Hill II – Wild seed of mother earth

Recensione di sconosciuto/a
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Dario Mollo e Glenn Hughes ci regalano un disco vario ed ispirato, ricco di idee e zeppo di citazioni celebri. Qua e là infati sembra di sentire la chitarra di May, di Zakk Wilde o Petrucci e, in Dying to live, addirittura la voce di Hetfield.

Citazioni a parte questo disco stupisce soprattutto per la quantità di idee forse concentrate soprattuto nei primi 5 pezzi.

La prima parte, infatti, è più creativa e sperimentale, la seconda è più classica e sarà certamente apprezzata dai fan di lunga data. E’ un disco rock, più sperimentale e duro nella prima parte e decisamente classico nella seconda, ma con alcune venature progressive che impreziosiscono e rendono fresco il lavoro.

Ii nostri hanno voluto presentarci non un disco di rappresentanza, ma un prodotto artisticamente valido, soprattutto a livello compositivo e di interpretazione. Un disco che potrà accontentare diversi palati e che dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, come Glenn Hughes sia ancora uno dei migliori cantanti in circolazione e come Dario Mollo si distingua non solo per le sue capicità tencniche ma anche per l’abilità compositiva (già all’epoca di The Cage ci siamo accorti della sua capacità di confezionare brani perfettamente adatti ai suoi celebri compagni di incisione).

Una nota finale dedicata a Roberto Gualdi, Dario Patti e Fulvio Gaslini. Ottimi musicisti, impeccabili davvero all’altezza. Complimenti.

Make believe: fin dalle prime note si evidenzia il grande eclettismo di Dario Mollo, capace di estrarre dalla sua chitarra un riff potente dalle sonorità molto vicine a certi lavori solisti di Ozzy. E’ un buon opener, abbastanza classico, ma interessante e notevole sopratutto per il riff iniziale .

Dying to live: un pezzo molto cattivo e veloce, con un Glenn Hughes capace di stupire facendo il verso ad heatfiled…e, dicamolo, riuscendoci molto bene. Molto sonica la parte centrale dove, qua e là, sembra di ascoltare echi di un album magnifico quale Innuendo.

Still evergreen: Pezzo molto veloce, forse non originalissimo ma tanto di cappello a un hughes decisamente enrgico e a un dario mollo che tira fuori un solo smanettone ma di gran gusto. E’ uno dei pezzi dell’album che possiede una spiccata vena progressive.

Atmosphere: bel pezzo, sopratutto a livello compositivo. La linea vocale è ottimamente interpretata ma forse un po’ scontata e, ma qui sono i miei gusti personali che parlano, troppo incentrata sul ritornello e troppo carica di cori. Molto buono il lavoro di Dario che, qua e là, si diverte a farci credere che alla canzone abbia collaborato Petrucci.

Wild seed of mother heart: una mid tempo in cui Hughes tira fuori il suo lato melodico e la sua fortissima espressività. Molto curata la parte compisiotiva e particolarmente azzeccata la sezione ritmica.

My eyes don’t see it: un pezzo rock-blues decisamente classico ed efficace.

Can’t stop falling: quando il metal della prima ora si evolve, nei migliori dei casi raggiunge questa qualità. Nessuna velleità ipertecnica, epico al punto giusto, potente, efficace e belli i suoni caldi delle chitarre.

Nothing stays the same: un pezzo su misura per glenn. Forse non troppo ispirato, si salva per l’intepretazione di Glenn e Dario.

Soul protector: un altro pezzo classico, in cui i continui cambi di velocità contribuiscono a spezzarne la linearità. She cast no shadow: un altro brano abbastanza lineare, notevole per il bel assolo di Dario.

16 guns: corro il rischio di ripetermi, ma qui siamo di nuovo nell’ambito del rock più classico e congeniale a Glenn.

Tracklist:

  1. Make believe
  2. Dying to live
  3. Still evergreen
  4. Atmosphere
  5. Wild seed of mother earth
  6. My eyes don’t see it
  7. Can’t stop falling
  8. Nothing stays the same
  9. Soul protector
  10. She cast no shadow
  11. 16 guns
  • Glenn Hughes: Vocals
  • Dario Mollo: Guitars
  • Roberto Gualdi: Drums
  • Dario Patti: Keyboards
  • Fulvio Gaslini: Bass

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