Deep Purple a Roma 1999

Recensione di Alfredo Iorio
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Dalla fine degli anni ottanta ad oggi, i Deep Purple hanno visitato la nostra terra in 5 o 6 tournee, presentando tre diversi line up: la meteora Satriani, il mitico Blackmore ed il personalissimo Morse, le tre chitarre.

La prima volta che li sentii ero convinto che sarebbe stato l’ultimo tour; purtroppo il tempo e’ inesorabile, soprattutto per chi, come l’inarrivabile Gillan, deve contare solo sui propri polmoni e corde vocali.

Cosi’ non e’ stato, almeno fino a ieri 20 luglio 1999. Alla scalinata del Palazzo della Civilta’ e del Lavoro di Roma, il tempo ha inesorabilmente presentato il conto all’ugola di Gillan. Intendiamoci subito, non ha sbagliato niente, e’ sempre stato inappuntabile, forse un po’ meno i tecnici del suono che talvolta gli hanno mandato in saturazione il microfono: solo non era lui, non era la Voce dei Deep. Le tonalita’ erano tutte un po’ piu’ basse, la parte strumentale molto piu’ dilatata del solito e, soprattutto, un’innaturale mancanza dello strumento voce (chi conosce i Deep sa cosa voglio dire) durante le fughe strumentali. Il sogno di riascoltare Child in time, rimarra’ tale per sempre, anche se la cigliegina finale Highway Star e’ stata a dir poco perfetta; li’ era il Gillan di sempre.

Ma i DP non sono solo voce, che dire quindi degli altri terribili vecchietti che sono saliti sul palco? In rigoroso ordine alfabetico Glover, da un po’ di tempo ama muoversi sul palco e non, come prima, rimanere in disparte a macinare scale con le sue mitiche quattro corde. E’ stato perfetto, certo gli automatismi di anni di palco aiutano, ma la voglia di inventare sempre qualcosa gli e’ rimasta tutta. Lord, grandioso nel suo solo di pianoforte (a proposito, perche’ non osa piu’ Speed king al piano?) con l’immancabile Arrivederci Roma. Splendido il duello con la chitarra in Speed king. L’unica cosa sembra stare in disparte senza dare l’impressione di dirigere la band, cosi’ come fatto dagli altri, nemmeno durante i suoi assolo.

Paice durante l’assolo, che sembrava non dovesse arrivare mai, ha dimostrato ancora una volta tutta la sua immensa classe: la rullata con la sola mano destra e’ sicuramente da antologia. Sicuramente alla batteria e’ uno dei piu’ grandi sui tamburi.

Morse, grande, perfetto ma, e non e’ un difetto sia chiaro, troppo personale il suo modo di suonare per il sound dei DP; la sua tecnica non fa assolutamente rimpiangere Blackmore, tuttavia si sente lontano mille miglia che la chitarra, anche solo come suono di base, e’ un’altra. Splendido nelle citazioni dei riffs piu’ famosi che hanno preceduto quello di Smoke.

In conclusione, lo scorso anno erano stati perfetti ed entusiasmanti (forse si erano scordati le carte di indentita’ in albergo); quest’anno un po’ meno, sempre bravissimi, ma un po’ di freddezza, con la tensione del concerto che ha avuto dei cali, soprattutto nei pezzi della nuova formazione, salvo poi riscattarsi e salire a temperature torbide durante l’esecuzione dei classici.

Forse, anche se mi spiace solo pensarlo, siamo veramente davanti al loro ultimo tour. Un’ultima annotazione semplicemente favolosa la possibilita’ offerta di acquistare il Cd ed il video di Total abbandon ai medesimi prezzi dei negozi; un po’ troppo cari i prezzi dei gadgets originali.

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